Vedute celebri del Giappone
Tra i soggetti più venduti dell’ukiyoe vi erano le vedute di luoghi celebri (meisho) delle capitali e delle province di tutto il Giappone.
Le serie degli anni Trenta dell’Ottocento di Hokusai come le Trentasei vedute del monte Fuji, Viaggio tra le cascate giapponesi e Vedute insolite di famosi ponti giapponesi di tutte le province ne sono l’esempio più alto sia per l’originalità grafica sia per la novità nell’uso della policromia.
L’applicazione del blu di Prussia e la realizzazione di stampe con il solo blu, importato in Giappone dalla Germania proprio in quegli anni, insieme all’assimilazione della prospettiva occidentale testimoniano la contemporaneità di questo filone artistico.
Il ponte Yahagi a Okazaki sul Tōkaidō (Tōkaidō Okazaki no ashi), dalla serie “Vedute insolite di famosi ponti giapponesi di tutte le province (Shokoku meikyō kiran)"
Katsushika Hokusai
1833-1834 ca.
Silografia policroma (Nishikie)
Proveniente da Museo d'Arte Orientale Edoardo
Chiossone Genova
©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova
Si trattava di luoghi perlopiù resi già noti dalla poesia e dalla letteratura classica, associati a specifiche caratteristiche naturalistiche e stagionali, come le cascate, la fioritura dei ciliegi, l’arrossamento degli aceri, ma anche divenuti attrattivi per eventi e spettacoli, o la presenza di architetture come ponti, templi o santuari, locande, ristoranti e botteghe sorti in città e lungo le nuove vie.
Oltre ai fogli sciolti furono i libri illustrati (ehon) a far conoscere la città di Edo (Azuma) e la via del Tōkaidō e altri luoghi famosi.
Vista del Fuji dai campi della provincia di Owari (Bishū Fujimigahara), dalla serie “Trentasei vedute del monte Fuji (Fugaku sanjūrokkei)"
Katsushika Hokusai
1830-1832
Silografia policroma (Nishikie)
Proveniente da Museo d'Arte Orientale Edoardo
Chiossone Genova
©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova
Vedute del monte Fuji
La più celebre e iconica di tutte le vedute del filone meishoe è quella del monte Fuji a cui nessun artista poté sottrarsi e a cui furono dedicate nei secoli centinaia di opere tra rotoli dipinti, silografie policrome di ogni dimensione e qualità, oltre che pagine di libri e monografie.
Il Fuji è non solo la montagna vulcanica più alta del Giappone, ma è considerato il luogo sacro degli dèi secondo il pensiero religioso shintoista, tanto che in epoca Edo si sviluppò un vero culto popolare che incentivava i pellegrinaggi al monte e la costruzione di piccoli Fuji anche dentro le città per chi non poteva recarvisi di persona.
La [grande] onda presso la costa di Kanagawa
(Kanagawa oki namiura), dalla serie “Trentasei
vedute del monte Fuji (Fugaku sanjūrokkei)”
Katsushika Hokusai
1830-1831 circa
Silografia policroma
Proveniente da Museo d'Arte Orientale Edoardo
Chiossone Genova
©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova
Hokusai era sicuramente un devoto di questo luogo che divenne soggetto delle sue opere più significative: la serie policroma delle Trentasei vedute del monte Fuji realizzate tra il 1830-32 in 46 fogli, a cui appartiene l’immagine della “Grande onda” e del “Fuji rosso”;
i tre bellissimi volumi delle Cento vedute del Fuji, stampati in solo inchiostro nero nel 1834, che aprono proprio con la figura della dea del monte Konohanasakuya hime no mikoto e contengono il testamento artistico di Hokusai firmato “Manji il vecchio pazzo per la pittura”.
Giornata limpida con vento del sud [Fuji Rosso]
(Gaifu kaisei), dalla serie “Trentasei vedute del monte Fuji (Fugaku sanjūrokkei)”
Katsushika Hokusai
1830-1832 ca.
Silografia policroma (Nishikie)
Proveniente da Museo d'Arte Orientale Edoardo
Chiossone Genova
©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova
Manga e manuali
I Manga, letteralmente Schizzi sparsi di Hokusai.
Educazione dei principianti tramite lo spirito delle cose, sono quindici volumi pubblicati in inchiostro nero con solo qualche tocco rosato a partire dal 1814 e conclusi dopo la morte di Hokusai con il quindicesimo volume pubblicato nel 1878.
Sono l’emblema della enorme produzione di manuali del maestro.
Hokusai, infatti, realizzò soprattutto dagli anni 1810-1819, con il nome d’arte di Taito, manuali che offrivano disegni sul classico soggetto di fiori e uccelli (kachōga); modelli e motivi decorativi per artigiani, applicabili nel settore tessile, della lacca, della ceramica, del metallo come Illustrazione di mille mestieri; manuali che insegnavano a disegnare, con un unico tratto veloce, figure di ogni tipo come Raccolta di disegni rapidi di monti, acqua, fiori e uccelli; manuali sul colore e sulla danza, di guerrieri e di eroi leggendari come i briganti cinesi del Suikogaden e Libri illustrati di samurai.
L’intento era offrire una guida ai tantissimi allievi e a chiunque volesse avvicinarsi alla pittura.
Le pagine fitte di schizzi piccolissimi e disegni su doppia pagina dei Manga sono una sorta di enciclopedia del creato e del vivere e il sunto dello studio di ogni singola componente che poi si ritrova nelle stampe policrome di Hokusai, oltre che le prime fonti di ispirazione per gli artisti parigini impressionisti.
Shunga
Shunga, letteralmente: “immagini di primavera”, indica il genere delle immagini erotiche che, pur garantendo entrate sicure a tutti gli artisti, circolava sottobanco aggirando la censura governativa.
Si trattava di stampe policrome vendute in serie di fogli sciolti, rilegate in album da dodici, di libri illustrati e rotoli dipinti sia da appendere in chissà quali occasioni, sia orizzontali da guardare in privato srotolandoli lentamente.
Venivano anche date alle giovani donne in dote.
Tra i libri illustrati e gli album più belli di Hokusai vi sono i tre volumi Spasimi d’amore (Kinoe no komatsu) del 1814, famosi per l’immagine amorosa della pescatrice di perle e il polipo gigante, e l’album in dodici stampe policrome con aggiunta di colori a mano intitolato Pivieri sulle onde (Nami chidori), realizzato intorno al 1810-1819 e ristampato in continue edizioni con colori diversi. Coppie dai corpi monumentali e aggrovigliati, immerse in amplessi amorosi più o meno clandestini, cercati o subiti, romantici e infedeli, etero e omosessuali, in cui le parti genitali sono in evidenza e di proporzioni esagerate, riempiono completamente il foglio.
Rappresentazioni di poeti e poemi
Le antologie di poesia classica sono una grande fonte di ispirazione per gli artisti ukiyoe.
Hokusai, con il nome d’arte Manji, realizzò due serie di fogli sciolti stampati in policromia destinate al grande mercato: una tra il 1833-34, in formato nagaban verticale, che si intitola Specchio dei poeti giapponesi e cinesi, e una seconda, nel formato classico orizzontale, intitolata Cento poesie per cento poeti in Racconti illustrati della balia realizzata tra il 1835-36.
Nella prima Hokusai comprende dieci ritratti dei poeti cinesi e giapponesi che segnarono la storia della poesia classica.
Ritratti intesi come spirituali, come lascia intendere il termine shashinkyō, “specchio copia del vero”, con rimandi a paesaggi che evocano i loro versi e i loro luoghi di origine, e composizioni di grande respiro poetico che sfruttano la verticalità.
La seconda serie, prendendo spunto dai versi poetici della raccolta poetica, Cento poesie per cento poeti, compilata da Fujiwara Teika nel 1235, rappresenta, con interpretazioni libere come una balia (uba) che ben non sa comprendere, vedute dai colori intensi di verde, marrone, rosso, blu, giallo.
Della serie, mai completata, rimangono ventisette stampe finite e almeno sessantaquattro disegni preparatori di Hokusai (shitae) mai divenuti silografie.
Surimono
Rispetto alle stampe policrome presentano soggetti legati ai classici, al folclore, alla mitologia e alle festività tradizionali;
un’attenzione minuziosa ai particolari, una coloritura più sobria e delicata abbinata a pigmenti metallici, alla lacca per rendere l’effetto lucido o alla mica per dare brillantezza, oltre che l’utilizzo di tecniche come il goffrato, con cui si otteneva, imprimendo la carta sulla matrice a secco senza inchiostrarla, un effetto a rilievo e arrotondato.
Fu una produzione a cui diedero un originale contributo anche gli allievi di Hokusai.
Eguchi, dalla serie “Spettacoli Nō per il club Hanazono (Hanazono yōkyoku ban tsuzuki)”
Surimono
Totoya Hokkei
1820
Silografia policroma (nishikie), pigmento metallico
argento, goffrato (karazuri)
Proveniente da Museo d'Arte Orientale Edoardo
Chiossone Genova
©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova
I surimono (letteralmente: “cose stampate”) rappresentano la produzione ukiyoe più raffinata e culturalmente elevata, realizzata per una committenza privata molto ristretta.
Si tratta di biglietti augurali e commemorativi, calendari, annunci, inviti destinati soprattutto a circoli poetici di kyōka e haikai donati o scambiati in determinate occasioni e in particolare a Capodanno.
Stampati nei formati più vari, alla stampa policroma combinano la maestria dell’artista ukiyoe a quella dei poeti più rinomati che aggiungono versi poetici o in prosa spesso a completare il soggetto e il significato della stampa.
Hokusai pittore
Nei dipinti realizzati da Hokusai a pennello su carta e seta si gode della piena libertà espressiva e della sua sensibilità verso i materiali, il colore e la linea senza la mediazione dell’opera di incisione presente nelle stampe.
Si legge l’evoluzione del segno, il continuo cambiamento nel trattare i suoi soggetti, ma anche un mutamento a livello di soggetti.
Nei dipinti di beltà si assiste, dagli anni Dieci e per i primi decenni dell’Ottocento, a un passaggio da linee fluide e morbide a linee più spezzate, da figure più sottili e longilinee a figure più imponenti.
Del 1817 è il singolare ritratto di donna partoriente realizzato durante il periodo Taito con un approccio realista.
Con l’avanzare dell’età si dedicò a soggetti più spirituali e benaugurali che dovevano accompagnarlo e proteggerlo: animali divini e leggendari quali leoni cinesi, tigri abbinate alla pianta di bambù, carpe e tartarughe millenarie, e draghi che ascendono al Fuji e al cielo.
Il drago era il segno zodiacale sotto cui Hokusai nacque e sotto il quale, all’età di sessant’anni, decise di lasciare il nome d’arte Taito al suo allievo che divenne Taito II.
Ad accompagnare Hokusai fino alla fine della sua vita ci fu la figlia Ōi, anch’ella pittrice di talento, che con il padre collaborò costantemente lavorando a quattro mani e di cui si può ammirare l’abilità nella tecnica pittorica occidentale del chiaroscuro.
Giapponismi
Insieme a quello di Utamaro e di Hiroshige, fu il lavoro di Hokusai a offrire maggiori spunti creativi agli artisti e agli intellettuali europei dell’Ottocento che diedero avvio al movimento del giapponismo.
Impressionisti e post-impressionisti trovarono nelle stampe e nelle pagine dei suoi manga e manuali non solo soggetti esotici da collezionare ed esporre in privato, ma un innovativo approccio alla linea, al colore e alla costruzione dell’immagine che stravolgeva tutti i canoni pittorici fino ad allora raggiunti permettendo una nuova libertà espressiva.
Una fonte di ispirazione che non ha mai perso presa.
Anzi, si potrebbe dire che l’opera di Hokusai mostra tutti i caratteri primordiali degli sviluppi contemporanei testimoniati dalle citazioni e dalle rivisitazioni di opere iconiche del maestro da parte dei più importanti artisti contemporanei del pop, della grafica e del digitale quali Yoshitomo Nara, Manabu Ikeda, teamLab e Simone Legno /Tokidoki.
L’applicazione di nuove tecnologie e materiali ha favorito ulteriormente lo sfruttamento della potenza grafica delle stampe ukiyoe riaffermando l’originalità di questo filone artistico e Hokusai come massimo esponente di un nuovo giapponismo.